domenica 22 novembre 2009

Poema della Croce

A Pietro e a Teodorica
con affetto fraterno

Alda Merini:

Il pensiero di Dio fu un pensiero gigantesco, un pensiero talmente grande che sconvolse albe, tramonti, terre, tenebre, un pensiero che non potremmo mai capire perché di una vastità tanto bella quanto inutile, rispetto ai nostri desideri.


Maria vuol dire una cosa che vola
e si perde nel cielo.
La fede è una mano
che ti fa partorire.
E poiché mi hai redenta
posi vicino a Te
la pietra della Tua resurrezione.
L'ambascia degli angeli, il loro pianto, le loro premure, è ciò che proviamo noi quando perdiamo un amore.
L'angelo è la preghiera dell'universo.
I secoli e la storia non moriranno mai finché tu li attraverserai come una spada.

Ecco chi era mio figlio:

un duro grano di amore.

Ogni volta che Dio pensa
crea una angelo e lo deforma
a seconda del suo pensiero.
Le mie ginocchia
avide di molto cammino
sono state generate
dalla tua grazia.
Io e Gesù crocifissi, Signore,
siamo lo schianto di Dio.



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In questo post c'è tutto, so che voi saprete leggerlo con i mie stessi occhi e con il mio stesso cuore.....
Le mie di parole torneranno presto, quelle di Alda Merini posso regalarvele perchè sono immortali.
Credo che dentro di noi ci sia una Terra Santa con cui fare i conti, altrimenti le nostre "vibrazioni" non avrebbero cantato nello stesso tempo e nello stesso spazio, uniti in un unico abbraccio.

4 commenti:

  1. Flo, ciao.
    Sono contento.
    Non ti rubo molto tempo.
    Vorrei solo lasciarti una poesia, un'altra, di Rilke.
    La discesa del Cristo agli inferi.
    Credo che sia una delle più umane immagini del Cristo fattosi uomo.
    Non parlerò più di questo argomento. Troppe parole. Quello che volevo l'ho detto. Spero sia riuscito a dirlo come pensavo.
    Parlerò e continuerò a parlare del divino che è nell'uomo, che ne compone la carne e lo spirito.
    Come nei versi di Alda marini:

    io e Gesù crocifissi
    siamo lo schianto di Dio.

    Si, siamo della stessa materia, Noi, poveri uomini, lui, il Cristo, figlio di Dio, e Lui, il Dio che è tutti gli dei di tutti i popoli di tutti i secoli....

    ecco Rilke:
    Finito il patimento, la sua essenza si separò dall’orrido
    Corpo del suo patire. In alto. Lo lasciò.
    E la tenebra, sola, ebbe spavento
    E scagliò pipistrelli contro la spoglia livida –
    Nel loro sciame svolazzante a sera
    Freme ancora l’orrore di cozzare
    Contro il tormento raggelato. Cupa aria senza pace
    Si avvilì sul cadavere e una torpida inerzia
    Colse i forti animali veglianti nella notte.
    Libero dalla spoglia pensò forse il suo spirito librarsi
    Sul paesaggio, senza agire. Chè ancora gli bastava
    L’evento del suo patire. Mite gli appariva
    La presenza notturna delle cose e su di esse
    Si espandeva come uno spettro triste.
    Ma la terra, essiccata e assetata nelle sue piaghe,
    ma la terra si fendè e ruppero voci dall’abisso.
    Egli, conoscitore dei martìri, udì l’inferno urlare
    Verso di lui, bramando prendere coscienza del suo patire
    Ormai compiuto, perché dalla fine della sua pena (infinita)
    Traesse presagio e terrore la pena perenne degli inferi.
    E nell’abisso precipitò lo Spirito con tutto
    Il peso del suo sfinimento, procedè in fretta
    Seguito dagli sguardi stupefatti di ombre erranti,
    levò lo sguardo verso Adamo, un attimo,
    rapido si calò, sparve e si perse nel ripido
    di più selvagge voragini. D’un tratto (più alto, più alto)
    sopra il centro
    dei loro urli schiumanti, sulla lunga torre
    del suo soffrire si sporse: senza fiato,
    in piedi, senza balaustrata, proprietario dei dolori. Tacque.

    Rainer Maria RILKE . La discesa di Cristo agli Inferi.

    Flo, un bacio.

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  2. Forse avevi fretta oppure le nostre vibrazioni erano distratte.... anche io ho camminato verso Gerico. Grazie per la poesia, mi piace quando dice: "Ma la terra, essiccata e assetata nelle sue piaghe,
    ma la terra si fendè e ruppero voci dall’abisso.
    Egli, conoscitore dei martìri, udì l’inferno urlare
    Verso di lui, bramando prendere coscienza del suo patire"....
    Ho scritto un commento su un tuo vecchio post, "una favola moderna".
    Ciao.

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  3. Ciao Floriana, anche io voglio lasciarti una poesia.

    IO NON TI DO IL MIO AMORE

    Io non ti dò il mio amore come fanno
    le altre ragazze, in uno scrigno freddo
    d’argento e perle, né ricco di gemme
    rosse e turchesi, chiuso, senza chiave;
    né in un nodo, e nemmeno in un anello
    lavorato alla moda, con la scritta
    ‘semper fidelis’, dove si nasconde
    un’ insidia che ottenebra il cervello.
    L’Amore a mano aperta, questo solo,
    senza diademi, chiaro, inoffensivo:
    come se ti portassi in un cappello
    primule smosse, o mele nella gonna,
    e ti chiamassi al modo dei bambini:
    “Guarda che cos’ho qui! – Tutto per te”

    EDNA ST. VINCENT MILLAY

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